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Titolo: Operation: Distraction
Fandom: Kuroshitsuji (Black Butler)
Personaggi/Pairing: Elizabet Midford (Accennato appena per finta Ciel/Elizabeth)
Rating: NSFW
Warning: Self Love, Spy!AU, Underage
Wordcount: 540
Prompt: #4: Elizabeth Midford
Disclaimer: Tutto della Toboso, promesso.

Se la vita – di un gatto – di qualcuno era a rischio, era certo che l’agenzia investigativa Impossible Michaelis Fight sarebbe certamente intervenuta.
Elizabeth si era infiltrata come una giovane, brillante segretaria prodigio ormai da due settimane quando l’ordine di agire le arrivò attraverso una mail criptata: distrai il direttore mentre sarà in azione il piano di recupero, diceva, e lei aveva studiato abbastanza il soggetto per sapere esattamente cosa lo avrebbe tenuto occupato per fare in modo che i suoi colleghi portassero a termine l’operazione.
Tutto quello che le serviva era una telecamera e il tenersi aggrappata al pensiero che lo stava facendo per il bene della missione.
La stanza in cui decise di mettere in opera il piano era quella di un hotel di lusso – il genere di posto che il suo obiettivo prediligeva – illuminata semplicemente da un’abat jour appoggiata sul comodino accanto al letto a baldacchino. Tutto in quella stanza rievocava il secolo passato, un secolo di grandezze per l’Impero Britannico, ed Elizabeth aveva deciso che il suo abbigliamento non avrebbe dovuto infrangere in alcun modo quell’illusione: per l’occasione aveva dunque optato per un paio di calze color panna strette alle cosce da nastri rosati, mentre il petto non ancora sviluppato era fasciato da un corpetto in stecche di balena; non indossava mutande, ma per quello che doveva fare non ne aveva bisogno.
Era seduta a cosce chiuse, quando il video iniziò a registrare, appoggiata contro i grandi e morbidi cuscini sorretti dall’imponente testiera del letto, il viso oscurato, ovviamente – il suo obiettivo avrebbe potuto intuire che si trattava di lei, ma non avrebbe mai potuto provarlo – e i boccoli biondi che le ricadevano sulle belle spalle bianche.
Era ora di dare inizio allo spettacolo.
Elizabeth gemette e lentamente si portò le mani sulle ginocchia, facendole poi scivolare tra di esse per scostarle appena, poi sempre di più, fino a che i riccioli biondi del suo sesso non fossero ben visibili; inspirava a fondo, alzando ed abbassando esageratamente il petto, dimostrando di provare un’emozione che di fatto le era praticamente estranea, ma che sapeva fingere bene, dato il giusto pretesto. E il lavoro era uno di quelli, perché pensare a Ciel, a quella giovane voce che le impartiva gli ordini, era assolutamente fuori questione: non avrebbe sporcato il pensiero del suo amore per un pervertito che si eccitava nel rapire e sottomettere e molestare bambini. No, sarebbe rimasta concentrata e avrebbe recitato fino alla fine.
Si sarebbe dimostrata aperta, disponibile e vulnerabile, avrebbe toccato dove sapeva che il vecchio avrebbe voluto infilare le sue grasse mani prive di grazia, avrebbe gemuto, chiamato quel nome, tremato di eccitazione, lasciato che i minuti passassero.
Doveva tenerlo occupato solo il tempo necessario per permettere ai suoi colleghi di portare a termine la loro parte di piano, e quando l’orologio che aveva appoggiato d’altra parte della stanza, fuori dal campo della telecamera, le fece sapere che era il momento di mettere fine a quella pantomima, Elizabeth finse un orgasmo e si lasciò cadere sudata e affaticata sui cuscini, stringendo le gambe l’una contro l’altra e mormorando gemiti soddisfatti.
Più tardi avrebbe montato ed editato il video e ricevuto l’ordine l’avrebbe spedito.
L’operazione sarebbe stata un successo.

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