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[Fullmetal Alchemist] Ogni fibra del tuo essere
Fandom: Fullmetal Alchemist
Personaggi/Pairing: Edward/Alphonse
Rating: R
Wordcount: 1032
Warning: incest, self!love
Disclaimer: non sono miei ma di Hiromu Arakawa blablabla Square-Enix blablabla.
Note:Questa è la versione seria dell'altra XDD cioè com'era da progetto iniziale uwu
“Non puoi.”
La voce di Edward gli arrivò all’orecchio all’improvviso, tanto da farlo sobbalzare. Con la mano ancora sulla maniglia, voltò la testa, guardandolo. “Cosa? Andare al bagno?”
“Non puoi masturbarti.”
Anche se avesse creduto, per un solo attimo, ad uno scherzo idiota, la faccia tremendamente seria del suo niisan lo avrebbe fatto ricredere subito.
“Ma che cazzo stai dicendo?”
“Ti sento, quando lo fai. Non puoi farlo.”
Alphonse spalancò gli occhi, lo guardò con un misto di sorpresa ed indignazione, senza capire cosa realmente Ed volesse da lui in quel momento.
“Spero tu stia scherzando. Ora devo avere un permesso scritto per tirarmi una sega?”
“Non puoi fartela su di me, non prima di aver fatto l’amore con me.”
Le palpebre di Al sembrava potessero arrivare dietro la testa.
Era qualcosa di duro, come le pietre nelle scarpe, come gli schiaffi immeritati. La sua voce che esprimeva ordini e suppliche – Dio, no, non posso cedere. E se non dice sul serio, e se mi sta prendendo per il culo? Come posso fare? È impazzito, è solamente impazzito. Nega, nega, nega. Quando si riprenderà rimarrà ferito uno solo, che è sempre meglio di due.
“Punto primo: non mi sego pensando a te. Punto secondo, non verrò a letto con te. Punto terzo, io ti consiglio di farti vedere da uno bravo, niisan.”, un contrasto durissimo e stridente fra le parole e il rossore del volto. Non poteva credere di essere stato smascherato così presto, e neppure credeva di essere mai stato così palese nei suoi confronti da fargli capire cosa si nascondesse dietro un sorriso tirato quando si spogliava, per nascondere il desiderio più profondo e pulsante.
“Tu non conosci nessun altro Edward, è palese che sia io. Ripeto che ti sento. La casa è piccola e lo sai che le mura sono di carta velina. Sembra che tu lo faccia apposta, a farti sentire, niichan.”
Fu talmente veloce nel costringerlo con la schiena contro il muro che non ebbe neppure il tempo di respirare un’idea per tirarsi fuori dal fango.
“Niisan, sei impazzito.”
“No.”
Lo disse con una serietà inquietante, come se niente al mondo fosse più importante e vero di quel monosillabo.
Fai l’amore con me.
“Niisan, perché dovrei fare l’amore con te?”, in un vano e disperato tentativo di nascondere l’ovvio. Si sentiva sull’orlo di un dirupo, braccato da un lupo, consapevole che qualsiasi azione lo porterebbe alla morte, o ad una ferita tale da immobilizzarlo per sempre. “Sei completamente impazzito.”
“Non fingere così con me, Alphonse!”
Non aveva mai alzato la voce con lui per nulla. Quando lo faceva era nel mezzo di un litigio, o nel principio, oppure alla fine – ma c’era sempre un motivo, un significato per sbraitargli contro. Era un trattamento, quello del gridare senza senso, che riservava agli estranei, a chi lo sfiorava senza entrargli nel fondo dello stomaco come invece aveva sempre Al. Fu questo, più di tutto, che lo impressionò.
“Non fingere, cazzo, non sono stupido, non lo sei neppure tu, non…”
Non riuscì a finire la frase che sentì il desiderio profondissimo di aggrapparsi a lui, di stringergli la camicia sul petto.
Agli occhi di Al, Ed sembrava un bambino isterico che si muove senza sapere perché.
“Niisan, dev’essere perché lavori troppo. Quel Mustang ti stressa troppo.”
Doveva essere così, stava vaneggiando. Edward era mostruosamente intelligente, ma non particolarmente sveglio e altrettanto poco empatico. Al non avrebbe mai creduto che si sarebbe dato pena di pensare cosa ci fosse dietro ai singhiozzi notturni di un singulto strozzato nel mezzo della gola.
“Non sono stressato.”
“Se non lo sei, torna in te e fammi andare al cesso. Ne ho bisogno.”
“No.”
Edward lo guardò con gli occhi di una bestia ferita a tradimento, gli strinse le spalle, lo guardò nuovamente. “Voglio essere solo io quello che ti tocca.”
“Niisan, per l’amor del cielo, stai veramente degenerando…”
“Ogni tua fibra mi appartiene, come è tuo ogni mio capello. Non ti devi toccare, devo farlo solo io. Tu sei mio e io sono tuo, Al. Fai l’amore con me…”
Dalle spalle alla cintura dei pantaloni il passo fu breve – e, cazzo, Al era così paralizzato da un amore totalizzante che in fondo era tutto troppo… cazzo, bello, perché lo interrompesse. “Devo esserci solo io. Solo io.”
Forse non era impazzito. Forse aveva solo aperto gli occhi. Forse non era altro che un suo qualche modo per dirgli che andava tutto bene, che non era un malato mentale, che stavano condividendo anche quello – quel qualcosa che ti prende e ti corrode dall’interno e non puoi pensare ad altro che a lui.
“Niisan, ora lo scherzo sta andando avanti un po’ troppo…”, gli sorrideva nervosamente di un tirar di labbra così fragile da spezzare con un soffio.
Ed era come se Edward fosse sordo, perché i pantaloni caddero in meno di un sospiro impaurito (come diavolo erano arrivati a questo? Come?), e al contempo la più grande paura e il più grande volere di Al si materializzarono senza che lui se ne potesse rendere conto – Edward, Edward, Edward. Edward e il corpo di Al come creta tra le sue dita, le stesse che lo accarezzavano per tutta la lunghezza, ed era un così forte battito del cuore che non riuscì assolutamente a fermarlo, ma rimaneva lì, a gemere parole sconnesse e monosillabi languidi. Le dita gli si strinsero salde attorno, si muovevano veloci, volevano arrivare ad una conclusione nel minor tempo possibile, perché ogni secondo Ed aveva la terribile sensazione che il sogno potesse finire ed Alphonse avrebbe potuto buttarlo giù come uno specchio, e lui avrebbe dovuto piangere su profili di specchi spezzati, su cocci che non serbavano null’altro se non un riflesso sbiadito e slabbrato – ed invece era tutto reale, il caldo l’eccitazione i sospiri i gemiti le labbra umide e rosse di baci violenti.
“N-niisan…”
I loro nomi ripetuti per mille volte e il piacere che liquido esplodeva nel palmo di Edward, la vergogna che scorreva nelle vene e nelle ossa di Alphonse, il suo respirare sconnesso e i tentativi inutili di ricomporsi per non cadere per terra.
“N-niisan, io…”, gemette di paura in un senso di colpa appiccicoso ed inutile.
Prima d’ogni altro battito di ciglia, Edward lo tirò su e fortissimo lo baciò, sottolineando e marchiando quel che palese era ancora nell’aria, particelle infinitesimali di confessioni inutili sulle labbra e profondissime nel sangue.
no subject
Non riesco a trovare le parole adatte per dirti quanto amo questa fic * _ * è davvero bellissima in modo straziante! ♥